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In merito al progetto di riorganizzazione del circuito differenziato regionale delle carceri che si sta realizzando in Calabria, si riportano le dichiarazioni rilasciate dal Segretario Nazionale della UILPA Penitenziari Gennarino De Fazio:

Com’è ormai noto con una sentenza pilota della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo l’Italia è stata condannata e messa in mora per le condizioni della detenzione giudicate inumane e degradanti.

I motivi di ciò sono stati individuati, principalmente, nel sovraffollamento, che riduce oltre i limiti consentiti gli spazi vitali, ed anche nella circostanza che i reclusi siano costretti a passare lunga parte della

giornata inoperosi e rinchiusi nelle celle.

Il nostro Paese ha tempo fino al maggio 2014 per adeguarsi ed evitare pesanti sanzioni, ma soprattutto per restituire alla detenzione livelli di dignità che consentano all’Italia di risalire quella situazione di inciviltà e di vera e propria illegalità che la colloca nelle ultime posizioni in Europa.

Anche perché a pagarne le conseguenze non sono solo i detenuti, ma pure gli stessi operatori che lo Stato pone, con un certo livello di ipocrisia, a tutela di quelle medesime leggi che ormai sistematicamente infrange.

Alla Polizia ed agli operatori penitenziari si richiede difatti di far rispettare la legge, ma non si mette loro nelle condizioni di rispettarla a loro volta.

Da qui anche l’ennesimo richiamo del Presidente Napolitano che solo pochi giorni fa a Napoli ha annunciato un nuovo messaggio alle Camere sul tema.

In Calabria l’Amministrazione penitenziaria, ancora priva – da oltre tre anni – di un provveditore regionale titolare, si sta muovendo su più fronti. Da un lato la messa in funzione di nuovi istituti penitenziari e padiglioni detentivi, dall’altro sta passando ad un nuovo modello organizzativo.

Proprio su quest’ultimo aspetto, non avendo peraltro ricevuto ancora nessuna informazione ufficiale a livello regionale, nutriamo forti perplessità.

Dalle notizie che trapelano, infatti, temiamo che si stia pensando solo a palliativi che non migliorerebbero affatto la situazione detentiva, diminuirebbero i livelli di sicurezza e decuplicherebbero gli già insopportabili carichi di lavoro per la Polizia penitenziaria.

Anziché passare da un anacronistico sistema a “vigilanza statica” ad una moderna organizzazione a “sorveglianza dinamica” che consenta altresì una certa libertà di movimento ai detenuti, seppur all’interno di spazi delimitati in cui svolgere attività lavorative, di studio, ricreative, etc., nel solco delle linee guida tracciate dal Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, pare che in regione si vogliano aprire i detenuti dalle proprie celle per rinchiuderli – di fatto – per buona parte del giorno in altre celle poco più grandi, comuni e talvolta scoperte (leggasi passeggi), sempre sotto rigida custodia e con la Polizia penitenziaria costretta a regolarne, pure attraverso continue perquisizioni personali, la movimentazione.

Il rischio evidente è che si permanga nelle condizioni d’illegalità acclarate dalla CEDU, che gli operatori di Polizia penitenziaria non siano messi nelle oggettive condizioni di adempiere a tutti i propri, accresciuti, compiti e che la situazione sfugga di mano.

Naturalmente ci auguriamo che non sia così ed in questa ottica abbiamo indirizzato nei giorni scorsi una lettera (integralmente disponibile sul sito internet www.uilpapenitenziari.it) al Provveditore regionale in missione ed ai massimi Vertici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per richiedere dettagliate informazioni a riguardo ed un confronto a livello regionale che, in analogia con quanto già avvenuto in ambito nazionale, consenta agli operatori, attraverso le proprie rappresentanze, di prendere cognizione ed esprimersi propositivamente su un progetto di particolare che potrà conseguire utili risultati solo nella misura in cui potrà essere compreso e condiviso da ciascun attore.